Enogastronomia

    Mercoledì, 02 Aprile 2014 14:48

    Cum grano salis

    Scritto da Alessandro Felis

    Difficile immaginare che in passato il sale fosse una merce preziosa, usata come moneta....

    Saline di Cagliari

     

    Difficile immaginare che in passato il sale fosse una merce preziosa, usata come moneta, venduta al mercato nero, soggetta a imposte nonché causa di vere e proprie contese e ribellioni. Poi ci si ferma a pensare e tornano in mente racconti e leggende legati alle vie del sale, valichi alpini attraversati da mercanti e contrabbandieri dalle regioni marittime a quelle montane e viceversa.

     

    Sin dal Medioevo il Piemonte era collegato alla Liguria ma anche al Delfinato e alla Provenza; transitavano carovane che percorrevano impervi sentieri a piedi o a dorso di mulo, scambiando acciughe sotto sale e olio con tela di canapa e vino. Molte altre erano le strade, famosa quella che portava da Genova alla Lombardia, senza dimenticare la Via Salaria che permetteva ai Romani il collegamento con l’Adriatico.

     

    E spesso "i basti" diventavano nascondigli sicuri per merci da vendere sottobanco e armi. Per secoli la conservazione sotto sale era l’unica che permetteva l’utilizzo nel tempo del pesce in primis ma pure delle carni, delle olive e delle verdure; frigoriferi, surgelatori ma anche la semplice scatoletta di metallo che oggi associamo alle sardine o al tonno sott’olio erano lontani anni luce.

     

    Meno scontato l’utilizzo fondamentale nella concia e la tintura delle pelli e come insostituibile integratore nell’alimentazione del bestiame; sin dalla preistoria ci si accorse che gli animali andavano a pascolare laddove affioravano rocce saline. Come non ricordare ancora che fu a lungo impiegato come paga per i legionari romani, da cui il termine salario oltre che, ovviamente, per insaporire gli alimenti.

     

    E così il povero minerale che si poteva ricavare dal mare o dalle miniere diventò l’oro bianco. La gabella sul sale fu causa di molte rivolte popolari, tra le tante quella dei Perugini contro lo Stato pontificio nel 1540 e la Guerra del Sale, serie di insurrezioni che ebbero luogo in Piemonte, in particolare nei territori delle Valli Monregalesi tra il 1680 e il 1699 contro il Ducato di Savoia. Sembra che proprio per questi moti sia nata in Umbria l’abitudine di consumare il pane scialbo.

     Umbria

    Anche se il gastronomo preferisce ricordare che la tradizione del pane senza sale che si ritrova anche in Toscana, nasca dalla necessità di non avere un cibo troppo saporito quando abbinato con il prosciutto crudo. Nella nostra società odierna, abbiamo spesso perso di vista il ruolo indispensabile di questo integratore che dobbiamo considerare un vero e proprio alimento e che troppo spesso ricordiamo solo quando i medici consigliano diete iposodiche agli ipertesi o al contrario quando in estate, con l’aumento della sudorazione, suggeriscono un reintegro dei sali minerali in genere.

     

    In questi ultimi anni, la maggiore attenzione al cibo e a quanto consumiamo ha visto i riflettori di cuochi e gourmet puntarsi nuovamente su questo condimento tanto da rispolverare a ragion veduta l’espressione “oro bianco” per i prezzi che s’infiammano facilmente. Sono lontani i tempi dell’italico rito dell’acquisto dal tabaccaio del sale in ben due declinazioni: fino e grosso! Oggi botteghe e supermercati fanno a gara a proporre sali provenienti dagli angoli più remoti della Terra, dai nomi fascinosi e dalle diverse caratteristiche organolettiche: i francesi fleur de sel di Guérande, della Camargue e dell’isola di Ré, rosa dell’Himalaya, blu di Persia, rosso o nero delle Hawaii, del fiume Murray River australiano, violetto indiano, di Cipro a fiocchi, affumicato danese…

      

    Sale rosa Himalaya

     

    Senza considerare poi tutte le declinazioni aromatizzate: al limone, alle erbe di Provenza, alla lavanda, alla violetta,… C’è un modo di dire in America che recita: «La varietà è il sale della vita». Mai detto fu così azzeccato e adatto ai giorni nostri. Alla luce di tutto ciò, il sale ha avuto nella storia una importanza che forse pochi immaginano. Nel Vangelo di Matteo è scritto: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli si renderà il sapore? A null’altro serve che ad essere gettato via e ad essere calpestato dagli uomini”.

     

    Visto dal lato culinario, questo ammonimento contiene tutta l’essenza dell’ alimento che si misura a pizzichi, in piccole ma indispensabili quantità che danno sapore, diciamolo pure che danno vita ai piatti. Facciamo quindi un buon uso di questo elemento indispensabile della nostra dieta, evitando come dovrebbe essere per tutti i cibi, gli eccessi ma ricordando di adoperare l’incredibile tavolozza di colori, sapori, gusti e retrogusti che il cloruro di sodio insieme ad altri elementi fondamentali per molte funzioni vitali, ci regala.

     

    E chissà che non si riproponga quel patto divino che vedeva il sacerdote porre un granello di sale - “cum grano salis” - sulla lingua del battezzando per trasmettergli la sapienza. Anche se per molti basterebbe solo un po’ di sale in zucca! Alessandro Felis

     

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