arte

    Martedì, 21 Giugno 2016 14:16

    Sculture moderne alla Venaria Reale

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    Alla Venaria Reale un nuovo percorso dedicato a dodici tra i più affermati maestri della scultura italiana

     

     

    Sculture moderne alla Venaria Reale: Paolo Borghi, Novello Finotti, Maimouna Guerresi, Giacomo Manzù, Giuseppe Maraniello, Francesco Messina, Igor Mitoraj, Mimmo Paladino, Augusto Perez, Arnaldo Pomodoro,
    Luigi Stoisa, Giuliano Vangi.

    Dopo il successo dell'esposizione del 2015 "Rappresentare il mondo", La Venaria Reale ripropone con "Sculture moderne alla Venaria Reale" un nuovo percorso dedicato a dodici tra i più affermati maestri della scultura italiana e non del XX secolo con conferme e prestigiose integrazioni di opere rispetto al percorso dello scorso anno. La mostra è a cura di Luca Beatrice, in collaborazione con la Direzione Generale Arte e Architettura contemporanea e Periferie urbane e con lo Studio Copernico di Milano.

     

    La scultura come "arte contemporanea"di Luca Beatrice -


    Se dovessimo dar credito a molti pareri illustri, pronunciati quando l'arte consumava il suo ingresso nella modernità, la scultura risulterebbe il linguaggio meno adatto a rappresentare lo spirito dei tempi e la tensione avanguardista, forse perché troppo legato alla propria straordinaria tradizione. Il poeta, talora anche critico d'arte, Charles Baudelaire nel 1846 diceva "la sculpture est ennuyeuse", mentre la pittura, ancor prima dell'affermazione
    dell'Impressionismo, si trovava nel pieno boom di un fermento creativo: roba da barbari e primitivi, "un art des Caraibes", per colpa di quel sentore primordiale di contatto materico, per quello scarto viscerale troppo immerso nella figura di homo faber, un tempo censurabile e oggi pienamente recuperata ad esempio negli studi di Richard Sennett su l'uomo artigiano.


    Con il debutto del Novecento, invece, la scultura affronta un progressivo dissolvimento della forma; la mano dell'artista, prima Rodin in Francia poi Medardo Rosso in Italia, prende a graffiare, erodere e l'idea entra in gioco insieme alla materia. Ma sarà dal dopoguerra in avanti, dalla definitiva rottura con la tradizione, che la scultura scenderà definitivamente dal piedestallo per cominciare a rintracciare uno sbilanciamento semantico. Della vecchia
    statua si perdono l'unità oggettuale e la finalità celebrativa, secondo una linea prima astratto-informale, poi performativa-installativa. Poetiche dell'oggetto, Minimalismo e Arte Povera, trascineranno la scultura in un paradosso concettuale. La scultura, dunque, è linguaggio attivo e presente, nonostante ciò che aveva scritto Arturo Martini nel 1946, definendola "lingua morta". 

     

     

    Eppure nello stesso ambito resiste, anzi si rafforza, un'idea di scultura "figurativa", che rappresenta l'immagine umana, che anzi dell'uomo fa il suo centro come in un ritrovato antropocentrismo. Su tale ambiguo significato hanno giocato in molti. Per esempio, all'inizio degli anni Ottanta, Flaminio Gualdoni parlò della "sovrana inattualità" della scultura, proprio mentre la pittura, ma anche la stessa scultura, con la Transavanguardia e zone limitrofe celebrava il proprio ritrovato trionfo. La svolta, se è esatto utilizzare questo termine, avviene nel 1986, con la grande retrospettiva Qu'est-ce que la sculpture moderne? Curata da Margit Rowell al Centre Pompidou di Parigi. Mostra epocale in cui erano rappresentati tutti i movimenti modernisti più importanti, dal Cubismo al Costruttivismo, dal Dada alla Pop Art, dal Minimalismo all'Arte Povera, in una linea di demarcazione con tutto quanto era accaduto in ambito scultoreo definendone un prima e un dopo.

     

    Il dopo era caratterizzato da quell'arte che si proponeva innanzitutto come antidescrittiva e antinarrativa. Siamo quindi alle soglie del nostro tempo. Resta a questo punto da capire quale sia l'eredità nel contemporaneo, ovvero come possa oggi la scultura definirsi arte contemporanea. La risposta sta innanzitutto nell'ibridazione: per sopravvivere la scultura ha dovuto assumere via via il ruolo di oggetto, installazione, dialogare con i new media e soprattutto affrontare il problema dello spazio. Prima ancora dell'architettura è unica e tante cose insieme.

    Luca Beatrice è nata a Torino il 4 aprile 1961. Vive a Torino. Critico d'arte contemporanea e curatore, nel 2009 ha curato il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia.


    Ha pubblicato volumi e saggi sulla giovane arte italiana, es. Nuova Scena (G. Mondadori, 1995), Nuova Arte Italiana (Castelvecchi, 1998), Dizionario della giovane arte italiana (Politi, 2003), un saggio sul cinema Western all'italiana (Al cuore, Ramon, al cuore, Tarab 1996) e uno sulla giovane letteratura italiana (Stesso sangue, Minimumfax 1999), il saggio Era Fiction sui rapporti tra arte e cinema (Fine Arts Unternehmen Books, 2004), la monografia dedicata a Renato Zero, dal titolo Zero, uscita per Baldini Castoldi Dalai nel giugno 2007.

    E' inoltre autore del libro "Da che arte stai?" Una storia revisionista dell'arte italiana (Rizzoli 2010) e del volume incentrato sul rapporto tra musica e arte Visione di suoni. Le arti visive incontrano il Pop (Arcana 2010). Nel 2012 ha pubblicato per Rizzoli Pop. L'invenzione dell'artista come star. Dalì, Warhol, Basquiat, Koons, Hirst, Cattelan. Nel 2013 per Rizzoli ha realizzato il libro SEX. Erotismi nell'arte da Courbet a YouPorn e nel 2015 ha pubblicato il volume Nati sotto il Biscione. L'arte ai tempi di Silvio Berlusconi (Rizzoli).

    Il suo ultimo libro è Per i ladri e le puttane sono gesùbambino. Vita e opere di Lucio Dalla, Baldini&Castoldi (2016).
    Collabora alle pagine culturali de il Giornale. È presidente del Circolo dei Lettori di Torino e docente in Storia dell'arte contemporanea all'Accademia Albertina di Torino e allo IAAD di Torino. 

     

    Sculture moderne alla Venaria Reale 

    Dove: Reggia di Venaria
    Quando: fino al 29 gennaio 2017
    Come: percorso compreso in tutti i biglietti d'ingresso

     

    INFORMAZIONI:
    Tel.: +39 011 4992333

    www.lavenaria.it

     

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